Con la legge Calderoli il Governo avvia la secessione

No, non è una legge per l’autonomia, anche se “rafforzata” o “per il decentramento”: quella di Calderoli è una legge che dà avvio alla secessione in Italia.

Nel nostro Paese oggi esistono enormi disuguaglianze territoriali che si sommano a quelle di censo e mettono a rischio la solidarietà, l’unità e la competitività dell’Italia. La Costituzione combatte e limita le diseguaglianze. Questa legge invece le norma, le cristallizza e crea, anzi, le condizioni per ampliarle ancora, dando il via a ulteriori processi di disgregazione. Si tratta un vero e proprio tradimento dello spirito della nostra Costituzione, non solo dell’Articolo 5, che indica che la Repubblica è “una e indivisibile”, ma anche dell’Articolo 3, che dà un indirizzo molto chiaro: “compito della Repubblica è rimuovere gli ostacoli”. Le diseguaglianze invece stanno aumentando e generano paure, solitudini, rabbia e disincanto. Questo sentimento si manifesta ormai da anni anche nell’alta percentuale di astensionismo. In molti hanno perso la speranza e serve la massima attenzione: da qui al rifiuto della democrazia come “soluzione” per affrontare i problemi il passo è breve.

La legge Calderoli e il progetto della destra intendono approfittare di questa condizione drammatica. Danno una risposta sbagliata alla crisi, cavalcando un malessere giusto, un sentimento di sfiducia nelle istituzioni e solleticando l’egoismo di chi sta meglio. Ma il costo di questa strategia è la fine dell’Italia unita e l’avvio di un processo dagli esiti potenzialmente disastrosi.

In questo scenario ad altissimo rischio, il primo compito delle forze democratiche è diffondere la consapevolezza della posta in gioco. Rimettere al centro un modello di sviluppo che garantisca crescita e uguaglianza, contro la deriva di bassa crescita e disuguaglianza della destra. Perché la Costituzione si difende attuandola. E infine, con radicalità, mettere in campo proposte e politiche che disegnino un’altra Italia, attenta alla qualità del servizio pubblico, alla scuola, alla sanità, al welfare, ai temi centrali dell’innovazione e al rilancio del sistema produttivo con una fiscalità più giusta e progressiva. Il Next Generation, da noi voluto e pensato, aveva questa ambizione ed anche per questo alla destra è indigesto.

Queste scelte del Governo Meloni, è utile ripeterlo, non sono “solo” contro il Sud, sono contro l’Italia. Indeboliscono le politiche pubbliche nazionali in un tempo nel quale la globalizzazione rende esse stesse troppo deboli per incidere e migliorare le condizioni e le prospettive di vita delle persone. In questo momento storico, noi avremmo bisogno di più unità. Di unire di più e cambiare l’Europa per renderla di nuovo protagonista e in grado di difendere le persone. Nel nostro Paese avremmo bisogno di maggiore massa critica, di unire giovani e anziani, nord e sud, imprese e lavoro, scienza, saperi e produzione, la destra che specula sulla retorica della “Nazione” invece divide. Tutto questo le opposizioni dovrebbero dirlo insieme e, sempre insieme, lanciare iniziative comuni parlando a tutto il Paese. Fa bene dunque il Pd ad essere la forza più unitaria e a insistere con caparbietà sul dialogo. Di fronte a queste destre, ai rischi ai quali questa strana formazione politica di nazionalisti secessionisti sta esponendo l’Italia, ci vorrebbe una presa di coscienza di tutte e tutti; un sussulto democratico che preservi identità e specificità, ma che su alcuni grandi temi metta in campo battaglie comuni. Quando lo abbiamo fatto, penso al salario minimo, la differenza si è vista.

Nicola Zingaretti

ARTICOLO PUBBLICATO SU La Stampa IL 24 GENNAIO 2024