La sinistra deve essere la forza che rianima la speranza

Intervista La Stampa 12.05.25

Quella foto dei “volenterosi” a Kiev pesa, è ingombrante soprattuto un’assenza a quel tavolo, quella di Giorgia Meloni. Nicola Zingaretti è sconfortato dalla scena vista sabato scorso, l’ex segretario Pd e capodelegazione dei democratici al Parlamento europeo denuncia l’isolamento italiano in Europa e contesta il ruolo di «pontiera» che la premier dice di voler giocare. «La foto di Kiev è l’immagine della verità: con la destra l’italia in politica estera non esiste»

Non crede a Meloni mediatrice tra Trump e Europa?

«l loro racconto del “ponte” con gli Stati Uniti mi è sempre sembrata una furbizia per nascondere dei problemi enormi: il primo è che questa maggioranza ha tre linee diverse sulla politica estera, soprattutto sull’Europa. E poi, altra contraddizione questo governo mostra grande sintonia politica verso il presidente Usa, che però porta avanti una politica contro gli interessi europei e italiani. Anche le parole di Zelensky che qualcosa si muove verso la ricerca di una pace giusta e duratura. L’unica cosa evidente è che l’Italia non ha avuto un ruolo».

Anche tra le opposizioni – e persino dentro al Pd – le posizioni su politica estera e riarmo sono assai diverse. Questo non è un problema da risolvere?
«Il Pd è unito verso l’obiettivo della difesa comune europea. La nostra richiesta, di un radicale cambiamento di quell’impianto si è rivelata giusta. I famosi 800 miliardi non esistono, in realtà si è trattato dell’autorizzazione al superamento di un vincolo di bilancio al quale hanno risposto solo alcuni paesi, in primo luogo la Germania. Non c’è traccia di una strategia per andare verso la difesa comune. Quel piano va radicalmente cambiato».

Questo non dà ragione allo scetticismo della destra sull’Ue?
«Gli interessi italiani coincidono con l’interesse dell’Europa, è falso che l’Italia sarebbe più forte fuori dal contesto europeo. E oggi la debolezza europea è figlia anche dell’assenza di un ruolo dell’Italia: siamo complici di quei nazionalismi che vogliono un’Europa debole. Noi avremmo bisogno dell’Europa massima possibile. Anche l’ipotesi di una trattativa bilaterale Italia-Usa sui dazi è esistita solo nelle chiacchiere della destra italiana, non è mai esistita in natura. Abbiamo un vice-premier come Salvini che si definisce patriota e che definisce dice che i dazi Usa come un’opportunità per le imprese italiane! Non difende le imprese né italiane, forse quelle del nord-America. Magari è davvero un patriota, ma di un’altra patria…».

Le iniziative giudiziarie su Le Pen, Afd, la destra romena non rischiano di apparire la reazione di un sistema che vuole frenare la politica con i giudici?
«Gli atti giudiziari non sono figli dell’iniziativa politica, però non c’è dubbio che la sinistra debba tornare a vincere affrontando alla radice i problemi politici e sociali che portano tante persone a votare per i nazionalisti. Il motivo è in gran parte l’assenza di speranza in una vita migliore. Il Pd lo ha capito costruendo la sua agenda concreta: la sinistra deve essere la forza che rianima la speranza».

A proposito di sinistra. Meloni si dice pronta a ricandidarsi, la vostra coalizione sembra ancora in alto mare. Lei è da anni sostenitore del “campo largo”, come la vede?
«Meloni fa propaganda, ma non c’è dubbio che quanto sta avvenendo dà ragione al Pd, che vuole essere la forza più unitaria di tutto il campo delle opposizioni. Le formule le vedremo, ma il Pd vuole costruire una proposta UNITARIA nuova per l’italia. Qui è la forza di Elly Schlein. Tutti coloro che fuggono da questo obiettivo sbagliano: avere una linea anche dura verso la destra ma rifiutando una postura unitaria si scivola nel settarismo, nel velleitarismo, nell’illusione del “pochi ma buoni”, i “puri”. Che porta alla vittoria delle destra, come abbiamo già visto. Per sostenere questa tesi ho pagato un grande prezzo, ma avevo ragione: i democratici sono nati per unire e cambiare, non dividere e testimoniare

Sulle guerre si è fatto sentire subito Leone XIV, che anche ieri è tornato a chiedere con forza la pace, una «pace giusta» ha precisato. Dal nuovo papa, americano, può venire una spinta decisiva?
« Il papa invita a trovare il coraggio di andare controcorrente. Lui ha detto “il male non vincerà”: un messaggio che rilancia la speranza, la spinta a non arrendersi. Questo è molto importante, c’è continuità con papa Francesco. E Prevost, con la scelta del nome Leone, ha spiegato che si ricollega a Leone XIII, il papa della “Rerum novarum”. Mi sembra che con questo papa la Chiesa si ricolloca come attore, con i suoi valori, contro le ingiustizie e torna a indicare ai cattolici di tutto il mondo una missione, quella della dottrina sociale della chiesa. Anche le riflessioni che ha fatto sull’intelligenza artificiale sono un messaggio potente: il moderno non va rifiutato, ma va messo al servizio della persona umana».