Al fianco degli ultimi. L’abraccio del mondo la sua vittoria

Intervista Il Messaggero 25.04.25

Nicola Zingaretti ha incontrato spesso Papa Francesco. Da governatore del Lazio, incarico che l’attuale capo delegazione del Pd a Bruxelles ha ricoperto fino a novembre 2022, ha avuto con lui numerosissime udienze private. Domani sarà ai suoi funerali, che – avverte – «sarebbe un’offesa al Santo Padre utilizzare come momento per discutere di dazi».


Qual è il ricordo a cui tiene di più di Bergoglio?
«La cosa che più mi ha colpito di lui è ciò che credo stia alla base dell’abbraccio di popolo che vediamo in queste ore. Un abbraccio collettivo, di Roma e di pellegrini venuti da tutte le periferie del mondo, dall’Asia e dall’America Latina. Nonostante il papa rappresenti uno dei potenti del pianeta, il segno del pontificato di Francesco è sempre stato quello di guardare il mondo dal basso, dalla parte di chi ha bisogno. È stata la sua costante, dal giorno in cui è apparso sul balcone di piazza San Pietro con una croce di ferro. Come dire: rappresento la Chiesa e il Vaticano ma resto tra le miserie delle persone».


Un aneddoto di quando era governatore?
«Il nostro primo incontro. Santità, gli dissi, sono un cattolico senza il dono della fede. Lui si fece una gran risata e rispose: non importa, da dove si trova potrà comunque lottare per il bene degli ultimi. Vedeva la politica come un servizio a favore dei più deboli, lo stesso che era chiamato a svolgere lui. L’ultimo atto che ha compiuto in pubblico lo dimostra: nonostante la malattia, il giorno di Pasqua ha voluto essere in mezzo ai fedeli. Ha portato su di sé il peso del papato per rappresentare chi non è rappresentato».


In questo trova che sia stato un papa “di sinistra”?
«Le categorie di un pontificato non sono quelle della politica. La cifra del papato di Bergoglio sta nella coerenza del suo messaggio, lo stesso contenuto nella bolla giubilare: la speranza che non delude. Francesco si è rivolto agli ultimi per esortarli a non indulgere nella solitudine o nella rabbia, ma a mettersi in cammino con la speranza di cambiamento. Speranza che siè tradotta in impegno concreto, come quando annunciò di voler donare parte del patrimonio immobiliare ai poveri».


C’è chi, come Schlein, ha parlato di “ipocrisia” di un pezzo della politica nel ricordo di queste ore. E c’è chi la accusa per aver fatto polemiche col governo a questo proposito.
«Non penso sia stata Elly Schlein a farle: piuttosto, la responsabilità è di quei politici che per anni hanno criticato esplicitamente il pontificato di Bergoglio, alcuni dicendo “il mio papa è Benedetto”. Un Pontefice si ascolta sempre. La segretaria ha semplicemente constatato che c’è chi per anni lo ha aggredito politicamente per i propri fini».


Da governatore ha dovuto gestire il Giubileo straordinario. Come visse quell’esperienza?
«Fu una sorpresa. Roma si trovava nel periodo di transizione tra due sindaci, e si dovette organizzare tutto in poco tempo. Come Regione, ci preoccupammo soprattutto della gestione dell’accoglienza straordinaria di quei mesi. Non fu semplice, ma fu una bellissima occasione per mettersi a servizio di un pensiero forte».


Cioè?
«I valori che ha diffuso durante tutto il suo pontificato. Anche nelle immagini di queste ore in questo c’è la vittoria di Francesco: nei fiumi di persone che arrivano a Roma, insieme ai i potenti di tutto il mondo per rendergli omaggio. Significa che, per quanto inascoltato, il messaggio di Francesco resterà. Di fronte alla globalizzazione selvaggia del potere economico di questi anni, lui è riuscito a globalizzare dei valori positivi».


Inascoltato forse il papa lo fu anche quando prese la parola a Strabsurgo nel 2014, denunciando le troppe morti nel Mediterraneo. O no?
«Fu inascoltato dai governanti europei. Non parlo delle istituzioni di Bruxelles, ma dei singoli governi in cui continua a prevalere un egoismo nazionalista e miope. Ma al di là del risultato, di Francesco resta l’aver dato voce a chi non ha voce. Un messaggio di speranza con cui tutti dovranno fare i conti».


Domani a Roma arriveranno Trump, von der Leyen, Zelensky. Un’occasione per discutere di dazi, o magari di Ucraina?
«Farlo in questo momento sarebbe un’offesa alla memoria di Papa Francesco. Mi auguro invece che tutti colgano l’occasione per riflettere sul senso del pontificato di Francesco. E magari, per farsi illuminare dal suo lascito».